19 Dic 2018

BY: Claudia Cuollo

Depressione

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Sopravvivere alla malinconia di Natale: il “Christmas blues”.

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Il “blues” è un genere musicale nato agli inizi del ‘900 negli Stati Uniti d’America fra le comunità di schiavi afroamericani nelle piantagioni delle nazioni del Sud, e deriva dall’espressione: “TO HAVE THE BLUE DEVILS”, cioè “Avere i diavoli blu”, che significa “Essere triste, agitato, depresso”. È per questa ragione che gli Americani definiscono con “Christmas blues” quella tristezza profonda che può assalire durante le festività natalizie.

E, in effetti, sono molte di più di quelle che si possa pensare le persone che vivono con estrema fatica questo periodo dell’anno dominato dall’obbligo sociale di “sentirsi più buoni e più allegri”.

Il clima natalizio può contribuire ad alimentare senso di paura e solitudine, ansia e tristezza, esattamente come spesso accade durante i cambiamenti stagionali (in questo caso si tratta del DAS: “Disturbo ad andamento stagionale”, descritto nel DSM5 e che riguarda episodi depressivi che ricorrono durante i passaggi di stagione. Tra l’altro, durante l’inverno è complice, a rafforzare il Christmas Blues, la diminuzione delle ore di luce e di conseguenza anche di serotonina, che possono incidere fortemente sull’umore, sulla sessualità, sulla memoria, sul ritmo sonno-veglia).

Spesso il Christmas blues arriva per il sopravvenire di più fattori, i cosiddetti stressors, che possono essere più o meno specifici: la necessità di trascorrere più tempo con dinamiche familiari più o meno gradite, e l’aspettativa che si debba stare necessariamente in un clima di benessere ed in assenza di conflitti; o come il clima festivo che può aumentare la sofferenza se si è in una fase di vita complessa, se si hanno difficoltà economiche, se si ha avuto un lutto importante durante l’anno, o se si sta affrontando un cambiamento. Il senso di disagio ed inadeguatezza può aumentare se si vive una situazione familiare difficile, se ci si è separati dal proprio partner.

Insomma, il Natale e la fine dell’anno portano a fare i conti con l’anno che è stato, a “tirare le somme” e, potenzialmente, anche a sentirsi sopraffatti da quello che dovrà avvenire nel successivo anno, determinando un senso di tristezza e angoscia che può raggiungere anche dei livelli che si protraggono oltre il periodo.

Il termine specifico è anedonia, con il quale si intende l’incapacità nel trarre piacere, in questo caso dalle festività, con un abbassamento dell’umore, una difficoltà nel partecipare e nella motivazione, l’ansia per il tempo libero dal lavoro/scuola.

La vera domanda è: Cosa fare in questi casi? L’importanza non è tanto quella di trovare una  soluzione, un possibile elisir di Felicità Natalizia, ma di imparare a concedersi la possibilità di stare male, anche se controcorrente.

Prima di tutto, la possibilità di rivolgersi ad un professionista Psicologo/Psicoterapeuta è uno dei primi modi per guardare al problema, specialmente quando avviene con una certa ciclicità e se tende a non affievolirsi dopo le feste quanto, piuttosto, a cronicizzarsi.

Può essere utile non forzarsi a dire sempre di “si” a cene ed eventi di famiglia e ritagliarsi dei momenti di solitudine che permettano di non dover rispondere ad un’immagine “socialmente adeguata al clima natalizio”. Potrebbe essere molto di aiuto condividere il proprio stato d’animo con qualche parente o amico: a sorpresa, potrebbe accadere che quella persona stia vivendo dei sentimenti molto simili ai propri.

Può aiutare trovare inoltre un modo per non perdere di vista sé stessi e continuare a prendersi cura di sé, magari approfittando delle ore di luce per fare una passeggiata. Trascorrere le feste in famiglia o restare in casa piuttosto che uscire dovrebbe essere considerata una libera scelta, e non una imposizione.

Concentrarsi più che sugli obblighi sul poter trascorrere del tempo libero con persone alle quali si vuole dedicare tempo ed attenzione, quelle a cui si vuole bene, il proprio “rifugio sicuro” potrebbe essere un buon modo per cercare di sopravvivere alla malinconia. E se dovessero arrivare dai parenti domande che proprio non aiutano come “Quando ti fidanzi?”/Quando la finisci l’università?/E quando vi sposate?” provare ad usare la carta dell’ironia o a cercare di mettere un confine chiaro rispetto alla invasività della domanda. Probabilmente il prossimo Natale potrebbero ricordarselo J .

Rispettarsi e imparare a volersi bene resta il migliore antidoto alla malinconia ed alla sensazione che si subiscano sempre le scelte degli altri, piuttosto che farne di proprie e, se ci pensate già da un po’, forse è il momento di rivolgersi a qualcuno che possa offrirvi un aiuto professionale.

 

“Tutto è relativo a questo mondo. Chieda un po’ alle oche e ai tacchini la loro opinione sul Natale.” PETER WILLFORTH

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14 Dic 2018

BY: Claudia Cuollo

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Cyberbullismo: cosa è e come fare prevenzione.

 

Le Nuove tecnologie sono spesso associate allo strutturarsi di nuove forme di aggressività più o meno silenziose che costituiscono un notevole fattore di rischio psicologico e sociale per gli adolescenti, per i quali la costruzione dell’identità passa ormai anche attraverso il web: secondo i più recenti dati Istat oltre il 50% dei ragazzi fra gli 11 ed i 17 anni ha subito qualche episodio (di cui il 20% è una vittima perché subisce il fenomeno ripetutamente).

Il cyberbullismo consiste nell’utilizzare strumenti elettronici e social network per  esercitare su un proprio/a coetaneo/a una forma di violenza diretta (aggressività verbale, è anche fisica nel caso del bullismo) o indiretta (come diffondere pettegolezzi, o denigrare in forma anonima) per un periodo di almeno due tre mesi, e che determina la presenza di tre figure: la vittima che subisce, il bullo che è in posizione dominante, gli spettatori silenziosi che assistono agli episodi.

Avvengono in una cornice relazionale ben definita dove la componente emotiva è estremamente potente e colpisce tutte le figure coinvolte: la vittima non solo vive una profonda sensazione di dolore e solitudine, ma si trova spesso ad avere vergogna di raccontare quanto sta accadendo per il timore di nuove ritorsioni (“non lo dico ai professori/genitori, perché poi se lo vengono a sapere i miei compagni mi offendono/prendono in giro ancora di più”, sono frasi tipiche che mi sento dire nel mio lavoro, una volta crollato il muro di silenzio); il (cyber)bullo che non riconosce le emozioni negative e che spesso si depersonalizza rispetto alla sua azione; gli spettatori che assistono senza sentirsi responsabili.

Ciò che più colpisce è come attraverso il silenzio di uno schermo possano strutturarsi delle forme di aggressività che minano l’equilibrio psicologico delle persone, sono difficili da contenere e limitare, ed auto-alimentano delle difficoltà relazionali nella “vita reale”. Ed è evidente come questo impatti in modo ancora più forte nell’ identità in costruzione ed in divenire di un adolescente.

Ecco allora alcune indicazioni che prendono in considerazione TUTTE le figure coinvolte che possono aiutare a contrastare il fenomeno attraverso una maggiore consapevolezza di ciò che accade:

PER I RAGAZZI: “dare l’amicizia” solo a chi si conosce davvero e con il quale si ha un rapporto di fiducia, e selezionare le informazioni e le foto da rendere “social”. Essere sempre rispettosi quando si fanno dei commenti su internet o a qualche compagno e, se si riceve qualche commento negativo che ferisce, parlarne con qualche figura adulta che possa aiutarvi, il colpevole è il bullo, non voi!

PER I GENITORI: Cercate sempre di prestare attenzione ai segnali che vostro figlio vi manda, e di essere aggiornati rispetto alle nuove forme di socializzazione che utilizzano. Rivolgetevi ad un professionista se siete preoccupati, anche solo per una consulenza e “Fate Rete” sia con altri genitori che con gli insegnanti per confrontarsi e cercare consigli e soluzioni.

PER GLI INSEGNANTI: la scuola è il luogo principale in cui è possibile prevenire questi comportamenti, per cui è fondamentale dare regole precise e farle rispettare (come norme che regolino l’uso di cellulari, tablet e computer a scuola informando genitori e studenti) –  prevenzione primaria. E’ estremamente utile che si favorisca una sensibilizzazione al fenomeno, permettendo di parlarne, discutendo di notizie o dei nuovi social, incoraggiando progetti che si dedichino all’ argomento. Infine, verificare periodicamente il contenuto dei computer della scuola per poter controllare ed arginare ciò che accade “virtualmente” nelle classi. Se viene riconosciuto un caso di cyberbullismo collaborare con lo psicologo ed i genitori diventa l’anello preventivo più efficace per permettere la collaborazione di tutte le figure che vogliono trovare una soluzione adeguata perché si possa gestire il problema.

“La tenebra non può scacciare la tenebra: solo la luce può farlo. L’odio non può scacciare l’odio: solo l’amore può farlo. L’odio moltiplica l’odio, la violenza moltiplica la violenza, la durezza moltiplica la durezza, in una spirale discendente di distruzione”. Martin Luther King