14 Dic 2018

BY: Claudia Cuollo

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Cyberbullismo: cosa è e come fare prevenzione.

 

Le Nuove tecnologie sono spesso associate allo strutturarsi di nuove forme di aggressività più o meno silenziose che costituiscono un notevole fattore di rischio psicologico e sociale per gli adolescenti, per i quali la costruzione dell’identità passa ormai anche attraverso il web: secondo i più recenti dati Istat oltre il 50% dei ragazzi fra gli 11 ed i 17 anni ha subito qualche episodio (di cui il 20% è una vittima perché subisce il fenomeno ripetutamente).

Il cyberbullismo consiste nell’utilizzare strumenti elettronici e social network per  esercitare su un proprio/a coetaneo/a una forma di violenza diretta (aggressività verbale, è anche fisica nel caso del bullismo) o indiretta (come diffondere pettegolezzi, o denigrare in forma anonima) per un periodo di almeno due tre mesi, e che determina la presenza di tre figure: la vittima che subisce, il bullo che è in posizione dominante, gli spettatori silenziosi che assistono agli episodi.

Avvengono in una cornice relazionale ben definita dove la componente emotiva è estremamente potente e colpisce tutte le figure coinvolte: la vittima non solo vive una profonda sensazione di dolore e solitudine, ma si trova spesso ad avere vergogna di raccontare quanto sta accadendo per il timore di nuove ritorsioni (“non lo dico ai professori/genitori, perché poi se lo vengono a sapere i miei compagni mi offendono/prendono in giro ancora di più”, sono frasi tipiche che mi sento dire nel mio lavoro, una volta crollato il muro di silenzio); il (cyber)bullo che non riconosce le emozioni negative e che spesso si depersonalizza rispetto alla sua azione; gli spettatori che assistono senza sentirsi responsabili.

Ciò che più colpisce è come attraverso il silenzio di uno schermo possano strutturarsi delle forme di aggressività che minano l’equilibrio psicologico delle persone, sono difficili da contenere e limitare, ed auto-alimentano delle difficoltà relazionali nella “vita reale”. Ed è evidente come questo impatti in modo ancora più forte nell’ identità in costruzione ed in divenire di un adolescente.

Ecco allora alcune indicazioni che prendono in considerazione TUTTE le figure coinvolte che possono aiutare a contrastare il fenomeno attraverso una maggiore consapevolezza di ciò che accade:

PER I RAGAZZI: “dare l’amicizia” solo a chi si conosce davvero e con il quale si ha un rapporto di fiducia, e selezionare le informazioni e le foto da rendere “social”. Essere sempre rispettosi quando si fanno dei commenti su internet o a qualche compagno e, se si riceve qualche commento negativo che ferisce, parlarne con qualche figura adulta che possa aiutarvi, il colpevole è il bullo, non voi!

PER I GENITORI: Cercate sempre di prestare attenzione ai segnali che vostro figlio vi manda, e di essere aggiornati rispetto alle nuove forme di socializzazione che utilizzano. Rivolgetevi ad un professionista se siete preoccupati, anche solo per una consulenza e “Fate Rete” sia con altri genitori che con gli insegnanti per confrontarsi e cercare consigli e soluzioni.

PER GLI INSEGNANTI: la scuola è il luogo principale in cui è possibile prevenire questi comportamenti, per cui è fondamentale dare regole precise e farle rispettare (come norme che regolino l’uso di cellulari, tablet e computer a scuola informando genitori e studenti) –  prevenzione primaria. E’ estremamente utile che si favorisca una sensibilizzazione al fenomeno, permettendo di parlarne, discutendo di notizie o dei nuovi social, incoraggiando progetti che si dedichino all’ argomento. Infine, verificare periodicamente il contenuto dei computer della scuola per poter controllare ed arginare ciò che accade “virtualmente” nelle classi. Se viene riconosciuto un caso di cyberbullismo collaborare con lo psicologo ed i genitori diventa l’anello preventivo più efficace per permettere la collaborazione di tutte le figure che vogliono trovare una soluzione adeguata perché si possa gestire il problema.

“La tenebra non può scacciare la tenebra: solo la luce può farlo. L’odio non può scacciare l’odio: solo l’amore può farlo. L’odio moltiplica l’odio, la violenza moltiplica la violenza, la durezza moltiplica la durezza, in una spirale discendente di distruzione”. Martin Luther King

23 Nov 2018

BY: claudiacuollo

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La Psicologia e la Psicoterapia, spiegata attraverso sette luoghi comuni

Frasi come “Una volta i treni passavano in orario” o “Non esistono più le mezze stagioni” sono entrate a far parte del nostro vocabolario per riferirsi ad una situazione stereotipata. Per inaugurare la sezione blog del sito ho pensato che poteva essere utile spiegare cosa fanno gli Psicologi e gli Psicoterapeuti nei loro studi abbattendo alcuni luoghi comuni che ho ascoltato spesso nel corso della mia professione: sono venuti fuori sette stereotipi, ed avrei potuto continuare ancora a lungo…

1. Al primo posto troviamo sicuramente la frase “Lo psicologo cura i matti”. Nonostante sia una definizione che sta lentamente scomparendo, resta una affermazione che viene fatta di frequente, al punto da allontanare le persone nell’intraprendere un percorso, anche per la paura di essere giudicati. Uno psicologo non interviene solo nei casi di malessere, ma i suoi ambiti sono vari, e rivolti anche alla promozione e prevenzione del benessere psico-fisico.

2. Lo psicologo NON si occupa solo dei disturbi mentali ma lavora in vari ambiti: esiste lo psicologo dello sport, del lavoro, lo psicologo scolastico, quello che si occupa di malattie croniche come i disturbi alimentari, o le patologie alimentari come il diabete. Lo psicologo che lavora per la prevenzione permette un grande risparmio in termini di spesa pubblica, sanitaria e sociale.

3. Lo psicologo NON è sempre uno psicoterapeuta: “La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione- riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito”. Per diventare Psicoterapeuta occorre una ulteriore specializzazione di 4 o 5 anni che prevedano una adeguata formazione ed addestramento. Quindi Affidati sempre a professionisti che abbiano avuto una formazione e che sono regolarmente iscritti all’Ordine degli Psicologi!

4. Lo psicologo lavora con il paziente SOLO se il disagio è conclamato? NO! La promozione del benessere riguarda anche la prevenzione, ed utilizzare una figura come la nostra quando si avvertono dei segnali di allarme anche piccoli, o quando si è particolarmente stressati aiuta a non cronicizzare la difficoltà.

5. Chiedere aiuto ad uno psicologo e/o uno psicoterapeuta non significa che una persona, o dei genitori, o anche una coppia in crisi non possono farcela da soli, significa piuttosto che sono consapevoli di aver bisogno di aiuto, e che si rivolgono ad un professionista.

6. Lo psicologo NON dà consigli, come farebbero parenti o amici, e non dà ragione ad una persona piuttosto che all’altra, come i giudici. L’obiettivo è di aiutare la persona ad acquisire consapevolezza di ciò che intende fare per stare meglio e per sentirsi maggiormente in sintonia con il mondo che lo circonda, anche se ciò significasse prendersi del tempo per ragionare ancora un po’ sul da farsi.

7. E’ famosa ormai una battuta di Woody Allen a proposito della psicoanalisi: “Vado dallo psicoanalista da 15 anni, gli concedo un altro anno, poi vado a Lourdes!” a proposito della considerazione sbagliata secondo la quale la psicoterapia debba durare molti anni. I percorsi sono vari, adattati alle esigenze di ognuno, e sulla base di un contratto terapeutico che viene stabilito insieme alla persona, alla coppia, o alla famiglia che si rivolge a noi.

 

“Quanti Psicologi servono per cambiare una lampadina? Uno solo, però la lampadina deve veramente voler cambiare”

Ann Eve Ricks